I Calas, le antiche frittelle di riso di New Orleans

Sono frittelle, come ce ne sono molte. Sono cicciotte, come ce ne sono molte. Sono di riso. E di riso ce ne sono, molte. Fin qua niente di strano. Ce ne sono molte di frittelle, a Carnevale.
Le frittelle sono facili da fare e da mangiare: si impastano, si friggono. Ovviamente. Se non si friggessero non si chiamerebbero frittelle. Se non fossero frittelle non le mangeremmo in questo periodo. Fin qua niente di strano.
Ma se queste frittelle, fritte, venissero da un posto lontanissimo, misterioso, pieno di paludi, di coccodrilli, di sassofoni e jazz, si chiamerebbero Calas, le frittelle di riso di New Orleans. E qui, qualcosa di strano, un pochino almeno, c’è: sono antiche.
Erano un cibo di strada alla fine dell’Ottocento e un piatto prelibato per la colazione, fatto con gli avanzi del riso bollito. Le venditrici ambulanti, chiamate donne dei Calas, friggevano le frittelle e le vendevano per la strada nel quartiere francese di New Orleans. “Calas! Bels calas tout chauds!” gridavano. E le ceste si vuotavano e i fritti fumavano, andando a saturare l’aria con il profumo intenso della noce moscata e delle vaniglia. Poi sparirono: dei Calas non si seppe più nulla.
Infatti, quando Slow Food Usa ha chiesto ad un hotel di New Orleans di prepararle per un evento – voleva riproporle, rivalutarle proprio perché cibo di strada tipicamente creolo e come apoteosi del riciclo tout court – gli chef hanno dovuto cercare la ricetta e impararla, da capo.
Ecco, sarebbe proprio come se da noi si dovesse cercare, riprendere, ripassare la ricetta dei bomboloni. Incroyable!

frittelle di new Orleans

Ingredienti: 100 g di riso, 15 g di burro, 4 dl di acqua, 1 cucchiaio da thè di sale,  1/2 bustina di lievito, 100 g di zucchero, 2 uova leggermente battute, 125 g di farina, 2 pizzichi di noce moscata, 1/2 bacca di vaniglia, olio di semi di arachide per friggere.
Occorrenti: pentola, scolapasta, ciotola, spatola, pentola per friggere, gratella schiumarola, carta per fritti.
Tempo di preparazione: 1 ora + più frittura

Costo per la realizzazione di circa 20 calas del peso di 20 g cadauno: € 4,20

Lessa il riso fino a renderlo molto tenero, nell’acqua bollente, a cui avrai aggiunto il sale e il burro. Raffreddalo stendendolo su un foglio di carta da forno o pellicola. In una ciotola sbatti molto bene le uova con lo zucchero. Aggiungi la farina setacciata con il lievito e per infine aggiungi il riso e gli aromi. Mescola amalgamando bene. Scalda l’olio. Se hai un termometro da cucina mantieni la temperatura a 173/175°Con l’aiuto di due cucchiai raccogli metà cucchiaio abbondante di impasto e tuffalo nell’olio caldo. Così, fino a terminare il composto. Le frittelle devono cuocere per almeno 2 minuti o fino a doratura. Apri la prima e regolati per il tempo di cottura. Scolale con la schiumarola e appoggiale su una gratella che avrai ricoperto con carta da cucina. Cambia la carta da cucina spesso e asciuga le frittelle dall’olio in eccesso, tamponandole delicatamente.
Cospargile di zucchero a velo prima di servirle, Oppure sciogli della cioccolata al latte e irrorale. Il cioccolato al latte si sposa molto bene con il sapore della noce moscata.

Variante
Nato come possibilità di utilizzare gli avanzi, il Cala può essere proposto in versione salata. In questo caso sostituisci lo zucchero con grana grattugiato e inserisci nell’impasto verdure cotte o carne. In questo modo ricorderà vagamente i nostri supplì di riso.

Curiosità: sia dolci che salate possono essere servite a colazione al posto del pane e accompagnate con salumi, marmellate, mostarda di mele e miele. Si possono riscaldare nel forno a 180°C per qualche minuto, avvolgendole in pellicola di alluminio. Ma sono ottime anche fredde.

Buona giornata!

 

Le chiacchiere della famiglia Guerra

Son chiacchiere di famiglia,        attorno ad un tavolo che sa ancora di cena, con le briciole, i        piatti sporchi e la tovaglia a quadri di tutti i giorni, mezza        raccolta.
Ma non sono chiacchiere qualsiasi o forse non sono nemmeno        tali. Meglio definirle discussioni, che si vanno facendo        da qualche giorno a questa parte. E da quel giorno in cui,        precisamente, viene rivelata una delle verità più scottanti e        disarmanti che un figlio voglia, a tempo debito o meno, dire al        padre: io non voglio fare il tuo lavoro.
Ed è da quella sera che Pietro Guerra  va mettendosi a letto con        le gambe più pesanti del solito, la testa vuota e china, le mani        che bruciano e il cuore spento. È da quella sera che vede le sue        levate ancora più buie, che si sente le braccia molli ancora        prime d’iniziare e il cervello di una trottola. Tutto questo per        il motivo di quelle chiacchiere infinite: vuole fare il        ciclista. Vuole fare.
Gli brucio la bicicletta… e gli nascondo gli scarpini… e…non mangerà più in questa casa! Che tutto quello che ha lo          deve a me, alle mie levatacce, asino che non è altro!”
Si sa quanto l’ingratitudine non ami riposarsi, quasi        quanto questo padre che non si capacita, non si dà una ragione,        non smette di pensarci. E questa sarebbe la ricompensa, dopo        avere visto sin troppe albe e nessun tramonto, dopo tanti        sacrifici per i suoi figli, per la loro vita tranquilla? E a chi        potrà consegnare le sue pagine di pesi e bilanciamenti, i suoi        appunti minuziosi. A chi, le sue ricette segrete, se il suo        unico figlio maschio vuole andare in bicicletta?
Sarà che di cognome fa Guerra, della premiata pasticceria        Guerra; sarà che questa faccenda della bicicletta  ha il sapore        del burro rancido; sarà che… che non gliela farà vincere        questa battaglia assurda. Il suo figliolo diventerà un        pasticcere. Così come lui e come il di lui padre e        come il di lui nonno!
Ed è tutto un affilare di  armi, un approntamento di  munizioni,        che va sparando da un po’ di sere davanti alla minestra. A quel        figlio, che non risponde, che se ne va in camera sua o peggio        ancora a lustrare ruote. Come si fa a non pensarci!
Tra dilemmi, drammi e frasi pensate per poi nemmeno dirle, c’è        la mamma, che di “Guerra”  se ne intende, al punto da        dovere mettere pace. Sempre.
Poggia la mano morbida sulla guancia del marito, che ha la barba        spinuta dei giorni inquieti e gli fa una carezza: ” Ti tocca di        lasciarlo stare. Se l’hai fatto  forte di gambe e non di        braccia, ci sarà un perché. Mettiti tranquillo o qui si fa la        guerra. Ti ricordi dello zio Gino, che correva nella squadra dei        preti? Quante medaglie! Da qualcuno avrà pur preso…”

C’é il freddo umido che sale dal lago, quando quel giorno tutta        la sua famiglia lo accompagna alla stazione. Learco ricorderà la        sua mamma inconsolabile, il suo papà quasi fiero e le sorelle        che si stringevano nel cappotto. E il pensiero di Milano che era        vicina, ma che in quel momento gli sembrava così lontana.
Pietro Guerra vede il treno che arriva, e davanti la locomotiva.        Si sistema il cappello e abbraccia forte suo figlio, lungo nel suo vestito della festa. Quello che non vuole fare paste e        frittelle; che non pensa di fare la sua stessa vita. Poi guarda        diritto verso la locomotiva, come se stesse puntando agli occhi di        un mostro, non sapendo che di lì a poco la testa di quel mostro        di ferro gli sarebbe diventata familiare.
“Vai figlio, fagli vedere a tutti che qui non si scherza. Io me        ne torno a far chiacchiere”.

Learco Guerra fu un grande campione del ciclismo degli anni 30  e venne soprannominato “La locomotiva umana”, per la sua forza e la sua determinazione. Prima di diventare una stella del ciclismo faceva in realtà il muratore.
Il mio piccolo racconto è un adattamento libero e un falso storico, che trae ispirazione dalla ricetta delle lattughe o chiacchiere della sua famiglia e che Nadia Gnali ci ha gentilmente inviato dal suo blog: le ricettedinadiagnali-nadia.blogspot.com.

frittelle

Chiacchiere della famiglia Guerra

Ingredienti: 500 gr. di farina 00, 3 uova intere, 50 gr di burro,75 gr di  zucchero semolato,1 bustina di lievito vanigliato, 1 buona presa di sale,1 arancia spremuta, bicchierino di grappa o di vino bianco secco,olio di semi di arachidi per friggere
Occorrenti: ciotola, sfogliatrice a mano o elettrica
Tempo di preparazione: 40 minuti + riposo

Prepara la fontana con la farina, il lievito, lo zucchero, il sale, le uova leggermente battute e il burro ammorbidito. Con una forchetta inizia ad impastare e inserisci i liquidi (succo d’arancia e grappa) un po’ per volta. Amalgama e impasta fino a formare un impasto liscio. Passalo per  una volta nella sfogliatrice per appiattirlo; poi mettilo in frigo a riposare per almeno un’ora coperto con pellicola.
Sfoglia al livello più sottile della sfogliatrice e forma dei rettangoli. Durante la sfogliatura piega più volte la pasta come se dovessi dare le pieghe tipiche della pasta sfoglia. Così facendo la pasta in cottura si gonfierà formando dei vuoti pieni di “croccantezza”. Taglia due volte l’interno dei triangoli, ma senza arrivare fino in fondo. Prima di friggere fai passare un vertice del triangolo nel taglio, e così fai anche con il vertice opposto. Friggi in olio a 176°C fino a leggera doratura. Scola la chiacchiere su carta da cucina, cambiandola più volte. Raffredda e cospargi di zucchero a velo. Si conservano anche per una settimana fragranti se ben chiuse in un sacchetto del pane.

Felice giornata!

 

FRITTELLE, CARAMELLE E UN’IDEA IN PIU’

A Carnevale ogni fritto vale, tanto poi arriva la Quaresima e faremo dei brodini.  Friggiamo! con le finestre aperte e la neve che scende, magnifico!…poi faremo le pulizie di Primavera.  Che frittelle siano! Piene, vuote, lievitate, bianche o nere( mai viste frittelle nere?) gonfie, piatte, colorate. Se non vogliamo friggere abbiamo delle risorse: caramelle e un’idea in più.  Buon Lunedì.

due imnpasti

Frittelle con l’ananas e le nocciole

250 g di farina autolievitante, o farina 00 e ½ bustina di lievito

50 g di zucchero semolato

45 g di olio di semi

2 uova

1 cucchiaio di maraschino

150 g circa di ananas o fresco o sciroppato, molto ben asciutto

110 g di latte

1 pizzico di sale

70 g di nocciole tritate grossolanamente

Estratto di vaniglia, 4/5 gocce

Olio di semi di arachide per friggere

Mescoliamo le uova con lo zucchero, aggiungiamo l’olio, il sale, il latte, le gocce di vaniglia e il maraschino.  Incorporiamo la farina (setacciamola con il lievito se non è autolievitante) e per ultime le nocciole, dovremo ottenere una massa di media densità.  Mescoliamo bene e mettiamo in frigorifero coperto per mezz’ora.  Scaldiamo abbondante olio e con l’aiuto di due cucchiai facciamo cadere l’impasto nell’olio.  Friggiamo rigirandole fino a doratura.  Scoliamole sulla gratella ricoperta di carta per fritti e rotoliamole nello zucchero semolato.

Frittelle nere con arancia candita e noci

Una variante nell’impasto data dalla presenza del cacao, permette di avere delle insolite frittelle nere e profumatissime.  L’impasto deve essere molto freddo e l’olio ancora più abbondante, perché la presenza del cacao rende la cottura delle frittelle leggermente più delicata.

200 g di farina

½ bustina di lievito

50 g di zucchero

30 g di cacao

1 pizzico di sale

2 uova

2 cucchiai di olio di semi

70 g di arancia candita

70 g di noci

1 cucchiaio di brandy o cognac

Tritiamo sottilmente i canditi e le noci a granella.  Mescoliamo le uova allo zucchero con una frusta, aggiungiamo l’olio, il liquore  la farina setacciata con il cacao e il lievito; per ultimi inseriamo i canditi e la frutta secca.  Mettiamo in frigorifero l’impasto; possiamo lasciarlo per molte ore, più freddo è meglio è.  Scaldiamo abbondante olio e friggiamo le frittelle poche per volta, versandole nell’olio con l’aiuto di due cucchiai. Cerchiamo di fare delle frittelle non più grosse di una noce le cuociamo circa 2 minuti per lato, rigirandole con una forchetta.  Controlliamo che l’olio non salga di temperatura (per fare i fritti sarebbe meglio essere dotati di un termometro).  Le scoliamo su carta per fritti e le passiamo nello zucchero a velo, che potremo mescolare a della cannella se le vogliamo ancora più profumate.

E per l’idea in piu…

Abbiamo a disposizione due impasti.  Se non vi piacciono i fritti, se non vi piace friggere, se l’olio si è bruciato o è finito e l’impasto è avanzato, possiamo fare piccole torte in stampini di alluminio monoporzione o dei “muffini” molto gradevoli all’occhio e al palato, alternando impasto chiaro a impasto scuro.  Mettiamo tutti i dolcetti in un piatto con le frittelle, un po’ di stelle filanti e il nostro Carnevale personale sarà perfetto.  Possiamo raddoppiare le dosi degli impasti e conservare l’impasto avanzato in frigorifero, dura per due giorni, ben coperto.

Frittelle o caramelle?

Niente frittelle? meglio le caramelle? Ecco una ricetta facilissima per stupire grandi e piccoli e le caramelle fatte in casa diventeranno un must; procuratevi della carte crespa o velina colorata per incartarle.

Caramelle mou al cioccolato

caramelle

200 g di cioccolato fondente

120 g di zucchero semolato

30 g di burro

4 tuorli

Cuociamo lo zucchero assieme ad un cucchiaio di acqua, deve bollire e colorarsi di giallo (se avete un termometro la temperatura sarà di 112°C), versiamola a filo sui tuorli raccolti in unj bagnomaria caldo, tenuto sul fuoco al minimo, e iniziamo a lavorare il composto con il frustino elettrico.  Proseguiamo nella lavorazione, sempre a bagnomaria, finchè non otterremo una massa chiara, spumosa, alla quale andrà incorporato il burro fuso.  Utilizzando un cucchiaio di legno, amalgamiamo bene anche il cioccolato a scaglie e continuiamo a mescolare fino a che il cioccolato non si sarà sciolto e il composto risulterà molto denso, quasi solido.  Trasferiamolo allora su un piano di marmo e stendiamolo con il mattarello, cercando di regolarlo ad un altezza di circa 1,5 cm.  Sistemiamo la massa di cioccolato su un foglio di carta da forno, lo chiudiamo e lo mettiamo a raffreddare per circa 2 ore.  Quindi lo tagliamo a cubotti regolari.  Si possono conservare per alcuni giorni, se coperti.