Mi capita spesso quando eseguo un impasto, lo lavoro, lo manipolo, di osservare la sua struttura, poi il risultato finale…e di paragonarlo alle tipologie umane. Così, se quando impasto del pane mi viene spontaneo l’associarlo ad una morbida e schietta contadina; lavorando la pasta sfoglia e osservando la sua crescita all’interno del forno, la collego immediatamente ad un’elegante signora, che si muove leggiadra, imperturbabile, mentre un vento dispettoso di scogliera le scompiglia e le gonfia i capelli…
La pasta sfoglia intesa come una sovrapposizione di fogli di pasta e grasso tirati molto finemente, che hanno la funzione di contenere, è di antica origine Greco-Bizantina. Nell’antichità sapevano già come lavorarla, anche se non conoscevano il burro quale prezioso alleato, ma l’olio di oliva. Il prodotto che ne derivava era una sfogliata, cotta nei forni in uso a quei tempi, friabile e leggerissima Questa tecnica è tuttora utilizzata in Oriente, dove in questo modo vengono preparati i dolci tipici sfogliati, come ad esempio la Baklava. La pasta sfoglia come la intendiamo al giorno d’oggi ha radici più moderne, anche se colui che si professò inventore della pasta sfoglia, ne fu solamente, se pur con degno merito, il “perfezionatore”. Sto parlando di un pittore per necessità, con una passione sfrenata per la pasticceria: il signor Claude Gelée, detto Lorrain. Egli dipinse soprattutto durante i fasti del Barocco Romano e alla sua mano felice dobbiamo molti dipinti oltre alla vera, definitiva, versione della pasta sfoglia: il metodo a cinque giri, ossia quello in uso attuale. Esiste anche una leggenda, così come esiste per quasi tutte le ricette diventate famose, che vuole la pasta sfoglia come il risultato dell’errore di un pasticcere molto distratto il quale, impastando una brisée, si scordò del burro e per rimediare all’inconveniente lo mise direttamente sulla pasta già stesa: interessante.
Si definisce la pasta sfoglia come una pasta al burro stratificata, vera e propria sovrapposizione di strati di impasto, che non vengono sovrapposti alla lettera, ma ottenuti dalla sua particolare lavorazione in lamina. La sua caratteristica è quella di essere formata, almeno per chi voglia avere una pasta sfoglia memorabile, dalla stessa quantità di farina e burro. Quindi come già detto la lavorazione consiste nella formazione di strati alterni (se ne possono contare 144 nella pasta sfoglia all’italiana) di burro e impasto. Ed è necessario che questi strati siano perfettamente integri perché godano di quelle caratteristiche che rendano la pasta sfoglia, una volta cotta, leggiadra e friabile. All’interno del forno lo strato di pasta formerà il vapore acqueo che spingerà il burro verso l’alto. Un pasta sfoglia ben lavorata aumenterà il suo spessore in cottura all’incirca di 15 volte ed in modo uniforme.
La pasta sfoglia è formata da due impasti chiamati panetto e pastello o scrigno. Il panetto è formato da burro o altre materie grasse e farina, mentre il pastello è formato da farina , la più indicata è quella bianca, e da un liquido: acqua o liquidi alternativi. La lavorazione consiste nell’unire questi due impasti attraverso un vero e proprio impacchettamento, cioè nel lavorare il pastello e inserirvi come fosse un regalo da impacchettare il panetto di burro. E così, come succede per un pacchetto ben fatto, il regalo non deve fuoruscire, ma essere perfettamente avvolto.
Esaminiamo quindi i componenti uno ad uno, per poterne valutare le percentuali e la qualità più adatta al miglior risultato.
Farina
La caratteristica principale che rende una farina più o meno adatta al pastello della sfoglia è la sua forza. La forza della farina è determinata dal suo contenuto proteico che collabora alla formazione del glutine, lo strutturante dell’impasto. Si tratta di un reticolo elastico che trattiene i gas della lievitazione e muove o spinge gli strati verso l’alto. Si deduce che la farina ha un’importanza fondamentale per lo sviluppo- elevazione del prodotto e per la sua uniformità dopo la cottura. Il problema, per chi pratica pasticceria non professionale, è identificare il livello di forza indicato con la sigla W della farina, che non è mai indicata sulla confezione delle farine al dettaglio. Sull’etichetta è però impresso il suo contenuto proteico, e nella seguente tabella alla forza, che è uguale al contenuto di proteine, corrisponde un particolare uso:
W |
P/L |
Proteine |
Utilizzo |
90/130 |
0,4/0,5 |
9/10,5 |
Biscotti ad impasto diretto |
130/200 |
0,4/0,5 |
10/11 |
Grissini, Crackers |
170/200 |
0,45 |
10,5/11,5 |
Pane comune, Ciabatte, impasto diretto, pancarré, pizze, focacce, fette biscottate |
220/240 |
0,45/0,5 |
12/12,5 |
Baguettes, pane comune con impasto diretto, maggiolini, ciabatte a impasto diretto e biga di 5/6 ore |
300/310 |
0,55 |
13 |
paste lavorate, pasticceria lievitata con biga di 15 ore e impasto diretto |
340/400 |
0,55/0,6 |
13,5/15 |
Pane soffiato, pandoro, panettone, lievitati a lunga fermentazione, pasticceria lievitata con biga oltre le 15 ore, pane per Hamburgher |
Nel caso in cui si fosse costretti ad usare una farina debole è possibile incrementarne la forza con l’aggiunta di succo di limone o aceto.
I grassi
Il grasso migliore per la lavorazione della pasta sfoglia è il burro, seguito dalla margarina e dai grassi al 100% denominati anidri (grassi cui viene tolta la parte acquosa). Nel caso della sfoglia un buon grasso non deve essere appiccicoso, deve essere sufficientemente plastico, deve sopportare le lavorazione, ma soprattutto deve essere gustoso e profumato e il burro rispetta appieno queste caratteristiche organolettiche. La margarina rappresenta al giorno d’oggi un’ottima alternativa. Si sa che la margarina è composta da grassi di origine vegetale, che ha purtroppo subito molte discriminazioni forse a causa dell’incapacità di comunicazione dei produttori. Se esistesse sul mercato una margarina a base di grassi vegetali pregiati totalmente insaturi, verrebbe considerata un prodotto prestigioso, data anche la quantità di fruenti allergici al lattosio.
L’acqua
L’acqua forma assieme alla farina quello che è la struttura portante della pasta sfoglia e la sua quantità all’interno del pastello è determinata dalla capacità di assorbimento della farina, indicativamente è pari al 55% del peso della farina. La consistenza del pastello di acqua e farina deve essere congruente con il panetto formato da burro e farina per non creare discrepanze in fase di crescita della pasta. E’ inoltre indispensabile in fase di tiratura perché idrata il glutine e conferisce all’impasto la giusta plasticità, e in fase di cottura perché come abbiamo già detto trasformandosi in vapore alza gli stati di pastello.
La lavorazione della pasta sfoglia
Alla base di ogni tipo di pasta sfoglia ci sono la farina e i liquidi mentre ciò che determina la qualità sono i grassi. Tutti gli altri elementi, quali la quantità di sale, i metodi, i tempi di riposo e le temperature, possono invece variare parzialmente. Prendiamo come esempio la ricetta della pasta sfoglia detta all’italiana nella quale si procede impastando due masse il pastello e il panetto.
Prima fase
Il panetto
Il panetto è formato dalla parte grassa, e può essere a volta impastato con parte della farina, per renderlo più lavorabile e rendere la pasta più “leggiadra”(permettetemi il termine).
Burro 700 g
Farina 00 –contenuto proteico 12% 12,5%-g 300
Amalgamare il burro ancora freddo con la farina, prima lavorandolo manualmente, poi lavorandolo in planetaria con la foglia. Non lavorarlo troppo a lungo, ma per il tempo che basta ad avere un prodotto ben amalgamato, dalla giusta elasticità, che in cottura permetta di avere un prodotto uniforme. Dopo averne formato un rettangolo si appiattisce allo spessore di circa 1 centimetro si appoggia su un piano e si lascia riposare ben coperto in frigorifero per minimo un’ ora o addirittura tutta la notte, in questo modo si favorisce la stabilizzazione del grasso.
- 1. Panetto di farina e burro.
Seconda fase
Il pastello
Il pastello è come abbiamo detto composto da acqua farina e sale; in alcuni casi è prevista la diminuzione della quantità dell’acqua che deve essere sopperita da altri liquidi: tuorli, uova, vino o altro. Si può inoltre aggiungere del grasso, che rende la pasta sfoglia più croccante e friabile.
Farina bianca 00-contenuto proteico 13%-g 700
Burro g 300
Sale g 20
Acqua fredda g 50
Vino bianco secco g 60
Mettere in planetaria la farina bianca . Incorporare il burro il sale, quindi impastare con acqua fredda e il vino per circa 7 minuti in 1° velocità tanto da formare una pasta liscia ed elastica. Ricordiamo che panetto e pastello dovrebbero avere la stessa consistenza. Lasciarlo riposare al fresco coperto per almeno mezz’ora.
- 2. Pastello.
Terza fase
La stratificazione
La stratificazione della pasta sfoglia è costituita dalla formazione dei giri o pieghe e vige in merito una regola: più grasso contiene l’impasto iniziale, più avrà bisogno di stratificazioni. La stratificazione è formata da due processi fondamentali: la tiratura e la piega. Si parte da un minimo di 144 strati e si può arrivare fino a 5000. La tirata con successiva piega a tre viene chiamata semplice, mentre quella a quattro viene denominata doppia o a libro. Per capirci ancora meglio la piega a tre verrà effettuata attraverso due sovrapposizioni, mentre quella a quattro ne avrà tre.
Prima tirata e girata
Spolverare il piano di lavoro per non fare attaccare la pasta. Stendere il pastello a uno spessore di circa 1,5 cm, mettere al centro del pastello steso il panetto di burro avvolgendolo completamente, facendo combaciare completamente e avendo cura di chiudere molto bene le estremità (ricordarsi dell’impacchettamento).
- 3. Impacchettamento del panetto nel panetto.
Iniziamo ora la vera e propria stratificazione tirando con il mattarello l’involucro formato con il mattarello in senso verticale. Richiudere ora bene le due larghezze del rettangolo e farle combaciare a metà, poi ripiegarle su se stesse. In questo modo abbiamo fatto 3 sovrapposizioni pari a 3 giri e 4 strati. Coprire bene la pasta con pellicola e mettere a riposare in frigo per un’ora. Si consiglia durante la lavorazione di mantenere la pasta integra e di diminuire gradualmente lo spessore dello strato di pasta per evitare che il grasso sbordi all’esterno. Il lavoro va eseguito in un luogo fresco, o su un piano di acciaio o di marmo, perché la temperatura incide notevolmente sullo stato dei grassi.
- 4. Quattro strati, tre pieghe.
Seconda tirata e girata
Spolverare il piano di lavoro senza eccedere con la farina e tirare sempre in senso contrario alla tirata precedente cioè in direzione delle due aperture della pasta. Diminuire gradualmente lo spessore e dare di nuovo 3 giri (a libro) per ottenere 4 strati. Mettere nuovamente a riposare per un’ora in frigorifero, ben coperto.
Successive tirate e girate
Ripetere gli stessi passaggi di cui sopra avendo cura ti tirare la pasta sempre verso le due aperture o la pasta in cottura si “smodellerà” ritirandosi. E’ possibile eseguire due tirate per volta e successive pieghe, lasciando sempre riposare la pasta in frigo per un ora prima della tirata e girata successiva. Per ricordarsi il numero delle tirate si può imprimere sulla pasta il segno del pollice.
- 5. Impronte delle dita.
Prima di usarla per la ricetta definitiva, lasciarla riposare almeno un ‘ora. Inoltre è importante dopo avere tagliato e modellato la pasta metterla nelle teglie dopo averla capovolta, eliminando la compressione dal basso verso l’alto che la pasta subisce.
- 6. Stratificazione.
La cottura
La cottura ideale per la pasta sfoglia avviene ad una temperatura che varia tra i 180°C e 210°C, salvo nei casi in cui è prevista una caramellizzazione dello zucchero, la quale necessità di temperature più elevate. Più i prodotti sono spessi più la temperatura sarà moderata e i tempi di cottura diventeranno più lunghi. Il forno che meglio si adatta alla cottura della pasta sfoglia è il moderno forno a vapore perché attiva il vapore acqueo che fa da sviluppatore degli strati. Il portello del forno va tenuto chiuso fino allo sviluppo della sfoglia ed eventualmente aperto alla fine della cottura per incentivare la giusta colorazione, che non avverrebbe in caso di ambiente eccessivamente umido. In generale la cottura della pasta sfoglia non ripiena è la seguente: cuocere al 90% del tempo previsto, sfornare e lasciare raffreddare. Reinfornare alla stessa temperatura per il restante 10%. Questa cottura bifasica garantisce una friabilità insuperabile. In fine la caramellizzazione è necessaria nel caso in cui si voglia ottenere un prodotto dall’aspetto lucido e croccante. Consiste nel cospargere uniformemente di zucchero a velo a alzare per qualche minuto di cottura finale il grill del forno. La sfoglia viene definita cotta perfettamente quando ha perso tutta l’umidità contenuta.
- 7. A metà cottura…
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- 8. Piccole girelle di pasta sfoglia.
Gli usi della pasta sfoglia
La pasta sfoglia può essere usata grazie al suo gusto quasi neutro e tendente al tostato sia nelle preparazioni dolci che in quelle salate. Gli esempi più significativi sono il cannoncino nel dolce e la pizzetta nel salato. E’ interessante notare che la composizione dell’impasto non varia, sia per prodotti dolci che salati. Può variare la preparazione dei prodotti prima della cottura che possono essere pennellati con uovo leggermente battuto, tuorlo e panna, tuorlo e latte o solo tuorlo nel salato e con zucchero a velo e semolato nel dolce.
L’uso dei ritagli
I ritagli o sfridi di pasta sfoglia hanno un modo particolare di essere usati. Infatti non vanno reimpastati ma inseriti all’interno di una piega di uno sfoglia già stratificata oppure dentro ad un nuovo pastello nella quantità del 10-15% del peso totale, in ogni caso non devono essere reimpastati, come si potrebbe fare nel caso di una frolla. Bisogna tenere presente che i ritagli riutilizzati conferiranno all’impasto di inserimento una minore friabilità.
La conservazione della pasta sfoglia
Si conserva in frigorifero ben coperta per 3-4 giorni; se si desidera conservarla a lungo senza che perda le sue caratteristiche, va messa nel congelatore. Quando si vuole utilizzare, va portata dal congelatore al frigorifero la sera prima di usarla e il giorno dopo risulterà perfettamente malleabile. Si possono congelare prodotti di sfoglia pronti per la cottura, ad esempio piccoli strudel o cannoncini e cuocerli direttamente senza farli scongelare. Una volta cotta, mantiene inalterate le sue caratteristiche organolettiche per alcune ore a patto che venga protetta dall’umidità.
- 9. Pasta sfoglia prima della conservazione in freezer.I miei consigli per chi si appresta a fare la pasta sfoglia in casaIl mio primo consiglio è che sono solita dare prima di iniziare qualsiasi lezione: provate più volte, perché non è mai al primo tentativo che si ottengono buoni risultati; come per gli altri impasti anche per la pasta sfoglia ci vuole tenacia e grinta di fronte agli errori possibili. Inoltre, chi cucina, sa che una qualsiasi preparazione non sarà mai un’identica ripetizione, perché soggetta alle possibili varianti dovute alla qualità degli ingredienti e, soprattutto in pasticceria, alle temperature e all’umidità dell’aria. L’obiettivo è avere una costanza di fondo, che ci permetta di ottenere un buon risultato finale. E’ indispensabile avere un buon mattarello, grande e di legno non poroso, e un’ampia superficie su cui lavorare. E’ inoltre importante la pulizia: in presenza di grassi il piano di lavoro tende a diventare appiccicoso, per cui ad ogni nuova tirata deve essere perfettamente pulito. Preparate la pasta sfoglia in buona quantità, sia per i tempi lunghi di lavorazione, che per averla sempre disponibile. Trovo inoltre fondamentale lasciare riposare i prodotti prima della cottura almeno 20 minuti in frigorifero, per stabilizzare gli ingredienti e affinché la pasta perda anche gli ultimi residui di elasticità. Questi sono i miei consigli, altre osservazioni nasceranno sicuramente dalla vostra esperienza.Spero di essere stata esaustiva e chiara in questa mia esposizione, non mi resta che augurarvi un buon lavoro.
- Bibliografia: “Il grande libro di cucina- Dessert”, di Alain Ducasse- “Non solo zucchero”, Vol. 2 di Iginio Massari
– “Dolci, manuale pratico di Pasticceria” di Giovanni Pina