Il mio Gulash di manzo con patate

gulash

Il gulash nasce come una zuppa brodosa di carne di manzo. Ciò non deve stupire: tramutarsi in spezzatino è una modalità ricorsiva per una zuppa. Basta pensare alla trippa: molti la gustano in brodo, altri la preferiscono in umido.
Storicamente parlando il Gulash nasce appunto come una zuppa di carne di manzo a pezzetti, cotta in un soffritto di strutto, con peperoni e patate. Era il rancio dei mandriani ungheresi che conducevano i bovini di razza podolica dalla pianura della Puszta fino ai mercati dell’Europa centro-orientale e il suo nome per intero “gulyàs-leves” significa appunto: zuppa del mandriano. Nato come piatto povero diventa poi famoso e si diffonde ovunque prestandosi a numerose varianti. La ricetta che vi propongo è notevolmente alleggerita. Ne risulta comunque un piatto robusto e piacevole, fatto apposta per i freddi intensi.  Buona preparazione.

 

Per 4 persone

600 g di spalla di manzo tagliata a pezzetti

400 g di patate

1 cipolla tritata sottile

1 spicchio di aglio tritato fine

1 carota tagliata a rondelle

3 cucchiai di concentrato di pomodoro

6 grani di pepe

3 cucchiai di paprica dolce

Brodo vegetale q.b

4 cucchiai di olio di semi o di oliva

Sale

Soffriggete la cipolla e la carota nell’olio fino a rosolarle, poi aggiungete l’aglio e i grani di pepe. Mettete la carne nel soffritto salatela e mescolate. Fuori dal fuoco profumate con la paprica e mescolate molto bene per insaporire. Rimettete sul fuoco, unite  1 bicchiere di brodo vegetale e cuocete coperto per 1 ora. Aggiungete il concentrato di pomodoro, sciolto in poco brodo e proseguite la cottura per 40 minuti, scoperto. Sbucciate le patate e tagliatele a pezzi, disponetele sulla preparazione mescolate, unite altro brodo se la preparazione si fosse troppo asciugata e regolate di sale.  Cuocete per altri 40 minuti scoperto, mescolando ogni tanto. Servite ben caldo con gnocchetti o polenta.

Felice giornata!

La guimauve di menta e cioccolata

Dovete sapere che quasi tutte le caramelle, anzi tutte, prima di diventare medicamentose per lo spirito, erano cure per i malanni del corpo. Questo accadde anche per la guimauve, ora meglio conosciuta come marshmallows. All’epoca, farla, era cosa da speziale, l’antico farmacista, che usava la mucillagine dell’altea (guimauve in francese) nota erba medicinale e ne ricavava un piacevole cubotto antitosse; poi, dato il suo sapore neutro, lo aromatizzava a piacere.
Divenne invece ad uso esclusivo dei golosi e non dei malati di gola quando al posto della mucillagine usarono, non più i farmacisti ma i confettieri, l’albume d’uovo e la gelatina. Il sapore e il colore rimasero comunque modificabili.
Questo è ciò che sta dietro ad un dolcetto che di solito si acquista e fa impazzire grandi e piccini. La bella sorpresa è che è possibile farlo in casa, piu morbido e meno dolce. Davvero squisito.
A chi si chiede se sia sintetico io rispondo che tutto risiede nella chimica della natura e non c’è niente di finto, nemmeno il colore. E a coloro che invece si domandano  quanto sia difficile l’esecuzione, io rispondo: preparare la guimauve è molto semplice. Semplice come fare un sorriso.

guimauve-menta-cioccolato

Ingredienti per 30 dolcetti

60 g di albumi

300 g di zucchero fine*

1 cucchiaio di zucchero fine

16 g  di gelatina in fogli

2 dl di sciroppo di menta

per completare

100 g di zucchero a velo

250 g di cioccolato fondente

Mettete la gelatina in ammollo nell’acqua fredda. Scaldate lo sciroppo di menta e lo zucchero per 8 minuti circa, il composto inizierà a fare molta schiuma. Nel frattempo montate gli albumi a neve con un cucchiaio di zucchero fine e il sale. Non appena saranno trascorsi gli 8 minuti unite a filo agli albumi lo zucchero alla menta e continuate a montare per almeno 5 minuti. Versate quindi il composto in un recipiente rettangolare o quadrato ad un altezza di 2 cm. Lasciate raffreddare a temperatura ambiente e poi mettete la guimauve in frigorifero fino al momento di tagliarla. Spolverate leggermente sopra e sotto con lo zucchero a velo e tagliate il composto a cubi o losanghe. Ricoprite i dolcetti con l’aiuto di un cucchiaino con un sottile strato di cioccolata sciolta su tutti i lati, lasciandoli asciugare un po’ alla volta.
Potete alternare lo sciroppo di menta ad altri sciroppi a piacere. Se vorrete provare i due colori, dividente a metà le quantità e usate due sciroppi diversi. Sovrapponete lo strato di colore diverso solo quando il primo strato sarà asciutto.
La cioccolata e la menta sono un ottimo abbinamento, ma se gradite potete lasciare la guimauve al naturale.

*lo zucchero fine si trova in vendita, oppure potete farlo frullando per poco tempo lo zucchero semolato.

Felice giornata a tutti!

 

La torta di pane e frutta secca

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Come sanno tutti coloro che si godono il mattino presto, l’Autunno inoltrato possiede una luce del tutto particolare e questo è già motivo sufficiente per bersi un caffè davanti alla finestra. Soprattutto di Domenica regna il silenzio, l’aria è pulita e le montagne di fronte sono adesso sovrastate da una spessa coltre di nubi color latte da dove fa capolino un grazioso spicchio di luna. I lampioni sono ancora accesi, forse non è troppo presto per fare una camminata.
Ammirare il mondo nella sua schiettezza è un previlegio, è l’oro famoso del mattino. Cammino e penso, penso al lato positivo di quel qualcosa che non è andato come avrebbe potuto, quel lato che non sarà mai sufficientemente ampio, ma ci sarà.
Ed è la luce particolare di questo Novembre che si diffonde dolcemente, sono le nuvole che fanno il posto ad un cielo d’acciaio, i saluti di chi incontro, che mi fanno desiderare la semplicità, in mezzo a tutto ciò  che  non ha spiegazioni o non ne dà, a prescindere.
Ho bisogno di semplicità oggi; ho bisogno di dolcezza, subito. Ho bisogno di inventare una torta di pane.

Per 8 persone  (tortiera diam. 20/22 cm)

150 g di pane

150 g di zucchero bruno

2 albumi

3 tuorli

70 g di burro

170 g di latte

50 g di uvetta

100 g di nocciole

50 g di noci

1 bicchierino di marsala

un pizzico di sale

Spezzate il pane e irroratelo con il latte. Schiacciate con una forchetta affinché si bagni il più possibile. Sciacquate l’uvetta e mettetela ad ammollare nel marsala e poca acqua. Preferibilmente tostate la frutta secca per 10 minuti in forno a 150° e poi tritatela grossolanamente. Strizzate il pane e unitevi le lo zucchero, il burro morbido, i  tuorli e il sale. Mescolate e unite la frutta secca e l’uvetta strizzata. Infine aggiungete gli albumi montati a neve, delicatamente. Versate il composto in una tortiera imburrata e infarinata e cuocete a 180° per circa 45 minuti. Cospargete prima di servire con zucchero a velo e decorate a piacere.

Consigli: non solo pane per questa torta. Potete usare grissini, fette biscottate o biscotti. Sostituite la frutta secca e essiccata (uvetta) che ho usato con altra a piacere.

Felice giornata a tutti.

 

 

 

 

La torta di Jack O’ Lantern

Mamma,che buono!

torta di zucca salataCome fosse finito un fantasma nella cucina di un’osteria non era difficile capirlo: i fantasmi possono essere dovunque. Ben più arduo era invece intuire come avesse potuto diventare un aiuto cuoca, un sous chef, via! Tutto era accaduto nella notte di Halloween.
Prima di diventare un fantasma Jack O’ Lantern non era stato quel che si suole definire un buon cristiano, anzi: viveva alle spalle della madre anziana,  tendeva allo sperpero ed era quasi sempre ubriaco. Inoltre, non aveva mai lavorato. Vista la sua condotta nessuna donna lo amò e se ne prese mai cura tranne sua madre, fino a che fu in vita, poi… Ne lui, dal suo canto, era  facile all’innamoramento  o a stabilirsi, come desidera un uomo normale. Tuttavia la sua inerzia sentimentale durò fino al giorno in cui la vide per la prima volta.
Lei si chiamava Jenna Chubby,  era la moglie dell’oste e lavorava in cucina. Non che fosse particolarmente bella, ma si…

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Spezzatino di pancetta in pentola a pressione

Nel corso degli anni la cottura a pressione è stata messa da parte e soppiantata da altri metodi. Assistiamo invece, ora,  al suo rientro e non da una porta secondaria: la brillante cucina modernista menziona la cottura in pentola a pressione tra le migliori, al pari di quella sottovuoto.
Il mio primo incontro con una pentola a pressione non fu tra i più felici e si svolse con il botto: nulla di grave per fortuna. Ero poco più che una bambina, ovviamente non cucinavo ancora, ma svolgevo le mansioni del fedele assistente.  L’incidente si risolse con un po’ di verdurine e intingolo sparsi per la cucina e la delusione che serpeggiava tra gli adulti. Ebbe la meglio la gallina che, invece di finire impiattata, parve risorgere e volò dritta sopra la credenza.
Niente di male, erano prove tecniche.  Infatti, una volta messa a punto la chiusura del coperchio, la pentola a pressione divenne per mia mamma la pentola.
“Tutto più veloce e più buono”, diceva, confermando il fine della nuova, per quegli anni , tecnica.
La pentola a pressione è fenomenale per come riesce a dimezzare i tempi di cottura esaltando le consistenze e il sapore delle varie preparazioni: bolliti, arrosti, brasati, risotti, frutta, verdura  e infine la polenta, cuociono in metà tempo con ottimi risultati. Il suo segreto sta nel vapore che, costretto all’interno della chiusura ermetica, fa innalzare la pressione all’interno del recipiente. A sua volta la pressione innalza la temperatura interna facendo in modo che i cibi cuociano più velocemente senza dispersione degli aromi.

Ho scelto di cucinare, per questa ricetta dimostrativa, uno dei miei ultimi regali. Già: c’è chi riceve fiori e profumi e chi si trova in mano un bel pezzo della pancetta-panciotta di un maiale allevato con i sacri crismi. Ebbene, mi rendo conto che non è un piatto tra i più leggeri, ma il taglio di carne era sufficientemente tignoso da pretendere la cottura a pressione; e poi a maial donato…ah, no, quello era il caval.

 

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Per 4 persone

700 g di pancetta di maiale tagliata a liste o a cubi (potete togliere la cotenna se preferite)

2 cipolle tagliate sottili

2 spicchi di aglio schiacciati

100 g di vino bianco

80 g di salsa di soia

1 bicchiere di acqua o brodo vegetale

20 g di zucchero

1/2 bacca di anice stellato

4 grani di pepe nero

1 foglia di alloro secca

5 cucchiai di olio di semi di arachide

Per completare

1 foglia di alloro secca

sale a piacere

pepe pestato a piacere

vino bianco

Mettete la cipolla, l’aglio e l’olio nella pentola. Fate soffriggere per 5 minuti. Unite gli altri ingredienti tranne il sale e il pepe pestato e l’alloro in più. Chiudete e fate cuocere a fuoco medio- alto fino al raggiungimento della pressione massima. A questo punto la pentola a pressione fischierà, non sarà un fischio da arbitro ma, diciamo, sibilerà. Abbassate il fuoco al minimo e proseguite la cottura per 45-55 minuti. Togliete la pentola dal fuoco e fate scendere sopra il coperchio dell’acqua tiepida, in questo modo la depressurizzerete. Scolate la pancetta dal liquido di cottura e trasferitela in una padella. Scolate invece il fondo di cottura e cercate, con l’aiuto di un cucchiaio di eliminare il maggior grasso possibile. Versate una metà del fondo sulla carne e cuocetela per 15 minuti irrorandola spesso per glassarla. Mettete il fondo di cottura rimasto in una piccola casseruola e unite altro vino bianco, il sale, il pepe pestato e l’ alloro; portatelo a bollore e lasciatelo infondere fuori dal fuoco prima di utilizzarlo. Per servire mettete la carne glassata nel piatto da portata e irroratela con il fondo dopo averlo filtrato. Potete accompagnare con riso bollito o con legumi brasati.

Mi stavo dimenticando: anche lo stufato di cavallo cotto in pentola a pressione è spettacolare.

Buona giornata a tutti!

Meringa morbida con biscotto di cioccolato

E fu così che l’albume ebbe la sua seconda, se pur brevissima, vita. Anche il biscotto al cioccolato, dimenticato,  godette di un trattamento migliore che non fosse di finire chissà dove.  Perché quando uno rivolta le coperte del letto e vorrebbe girare così facilmente la sua vita, può venirgli da pensare  anche alle  vite degli altri. Perché ognuno, sì ognuno, ha diritto alla sua seconda possibilità.

Ed eccola qua:

meringa-morbida-con-biscotto

Meringa morbida con  biscotto di cioccolato

Per 20 meringhe

100 g di albume

200 g di zucchero

100 g di biscotti al cioccolato

Mettete l’albume e lo zucchero in una bacinella, che possa andare su un bagnomaria, o nella ciotola dell’impastatrice. Mescolate e ponete il recipiente sul bagnomaria. Scaldate l’albume e lo zucchero fino a 68°, se non avete il termometro per 5 minuti, mescolando ogni tanto con una frusta. Montate poi fino al raffreddamento. Sbriciolate i biscotti e uniteli delicatamente alla meringa. Con l’aiuto di due cucchiai formate le meringhe, grandi quanto una grossa noce, sulla teglia foderata con carta da forno. Cuocete a 100° in forno ventilato per circa 20 minuti.

Ragazze???
Dove sono le meringhe, che volevo assaggiarne una?
…Finite, Ma!


Felice giornata a tutti.

 

La pasta verde

tagliatelle verdi

La natura ci dona bellissimi colori, ma non sempre in cucina è facile trasferirli tali e quali. Nel caso della pasta verde il segreto è quello di usare  spinaci crudi. Nessuno vi vieta di usarli cotti, tuttavia se crudi daranno il meglio della loro coloratissima clorofilla. Lo spinacino è un ottimo colorante naturale. Infatti se ad esempio volete che la vostra crema di piselli “abbacini” aggiungete un po’ di spinacino quando la passerete al setaccio o la frullerete.

 

Per 4 persone prendete 400 g di farina assolutamente normale. Fate con la farina la fontana. Battete leggermente 2 uova e 2 tuorli. Mettete nel bicchiere del frullatore 2 manciate abbondanti di spinacini crudi (circa 50 g) e aggiungete poca acqua. Frullate ad intermittenza fino ad ottenere un composto amalgamato e un poco acquoso. Togliete la parte troppo liquida se preferite, ma io la terrei. Amalgamate la polpa degli spinaci alle uova, potete farlo direttamente con una forchetta nella fontana, e iniziate ad impastare a mano o a macchina. Se a mano farete lavorare le vostre braccia per almeno 10 minuti. Metteteci comunque le braccia per dare un’ultima vigorosa impastata finale anche se usate l’impastatrice. Chiudete l’impasto nella pellicola ben stretta o meglio ancora nel sottovuoto e fatelo riposare in frigorifero per un’ora o più, male non fa. Per fare la pasta tiratela con la sfogliatrice o a mano con un mattarello, arrotolandola e srotolandola più volte sul mentre la rendete sottile un millimetro, infarinando il mattarello e il piano di lavoro.
Se ne farete degli involucri da riempire usatela subito; se invece volete farne delle tagliatelle lasciatela asciugare per almeno 20 minuti stesa su un canovaccio. Tagliatela, in questo caso, pazientemente con un coltello oppure usate la macchina e l’apposito accessorio per tagliatelle, senza avere pazienza. Se volete dei maltagliati procedete come per le tagliatelle, avendo cura di tagliarli male affinché possano essere meritevoli del loro nome.

Tutto deve essere cosparso  con una ragionevole dose di farina o semola fine. Conservate la vostra pasta verde in frigorifero coperta per 3 giorni. Oppure in freezer per 1 mese.

 

 

Felice giornata!

 

 

 

 

Biancomangiare di latte con frutta e canditi

biancomangiare di latte

Sono tra coloro che hanno avuto il piacere di sentire il sapore del latte appena munto e che sicuramente non lo dimenticheranno mai. C’erano una volta mille motivi per bere latte e in casa non doveva mai mancare. Tanto che farsi mandare dalla mamma a prenderlo diventava la scusa per un uscita fuori programma. Il latte era obbligatorio a colazione, frequente a merenda e spesso diventava la cena, macchiato di caffè e con il pane biscottato.
Io bevo ancora molto latte. Gli sono affezionata, come Linus alla sua coperta. Non so se per via della fedeltà al mio animo fanciullo o per la persistenza alla lattasi, ma latte e biscotti, riso con il latte, polenta con il latte, minestra di latte e castagne – se c’è anche la zucca è una vera leccornia – frittura di latte, sono tuttora i miei cibi consolatori.
Ci sono adesso, almeno pare, mille motivi per non bere più latte. Tuttavia, tra la fiducia nelle sue enormi qualità e il moderno scetticismo, il latte vince. Non smetteremo mai di berlo almeno fino a quando esisteranno il cappuccino, il macchiatone, il tè col latte, il latte e menta e…il biancomangiare di latte. Buona preparazione.

Per 4 persone

250 g di latte intero

50 g di panna

1 pizzico di sale

10 g di zucchero semolato

20 g di maizena

2 cucchiai di arancia candita

1 punta di vaniglia in polvere

1 punta di cannella in polvere (facoltativa)

Frutta semicandita a piacere per servire

Preparate la frutta semicandita: tagliate la frutta e mettetela in una ciotola con zucchero semolato e succo di limone a piacere. Lasciatela ad insaporirsi per almeno 6 ore in frigorifero, poi scolatela e conservate il succo.
Per il biancomangiare: unite al latte la panna, il sale, lo zucchero, la cannella, la vaniglia  e la maizena. Miscelate con una frusta e cuocete fino ad addensare. Fate raffreddare, mescolando ogni tanto. Unite i canditi e amalgamateli. Stratificate nei bicchieri o nelle coppette il biancomangiare e la frutta.
Per servire: fate raffreddare la preparazione in frigorifero  per almeno 2 ore. Irrorate con il succo della frutta e decorate con la frutta semicandita a piacere.

Il mio consiglio: se non vi piacciono i canditi potete sostituirli con frutta secca macinata grossolanamente. In questo caso aumentate la quantità di zucchero nel biancomangiare.

Felice giornata a tutti.

Pappa col pomodoro: la zuppa d’Estate

Non c’è zuppa…pardon: non c’è storia. La pappa col pomodoro è molto famosa, tanto quanto le brioche della Pompadour. Ma se su queste potremmo nutrire dubbi storici, non è plausibile nutrirli sulla pappa e sul fatto che un popolo affamato fa la rivoluzione. Lo gridava a squarciagola tale Giannino Stoppani, alias Giamburrasca che preso dalla fame definì la pappa col pomodoro un vero capolavoro.

Prima delle brioches della regina di Francia, ahimè decollata, esisteva la pappa col pomodoro, nata dall’intelligenza culinaria dei contadini affamati e arrivata quasi intatta – la ricetta originale è sempre rispettata, salvo rari e comodi casi – sino ai giorni nostri.

E’ un piatto davvero povero ma appunto molto arguto e saporito, ottimo per utilizzare gli avanzi del pane e per servirsi di quei pomodori un tantino troppo maturi.

Giamburrasca era il mio monello preferito dopo Tom Sayer e tanto mi ha fatto divertire. E come tutti i monelli aveva un talento particolare a far arrabbiare i suoi pochi ma onesti genitori. Pensandoci bene: chi non ha un Giamburrasca o più di uno in casa? E allora non è male proporre per le cene d’estate una buona pappa col pomodoro che è migliore tiepida o fredda. Un’avvertenza: il giamburrasca di turno l’amerà, e tanto, da chiedervela a squarciagola.pappa col pomodoroper 4 persone

800 g di pomodoro costoluto

200 g di pane toscano raffermo

1 cipolla

2 spicchi di aglio

2 rametti di basilico

1 cucchiaio abbondante di concentrato di pomodoro

1 pizzico di zucchero

1/2 bicchiere di olio

brodo vegetale

Un mazzetto di basilico

Peperoncino in polvere

Sale, pepe

Tagliamo il pane toscano a fette e disponiamole senza sovrapporle sulla placca da forno. Tostiamole per circa 5 minuti a 200°.  Spelliamo gli spicchi d’aglio eliminiamo il germoglio e tagliamo la cipolla.  Facciamo un soffritto con l’olio, l’aglio e la cipolla,  aggiungiamo i pomodori tagliati a pezzetti, il concentrato e lo zucchero. Copriamo e cuociamo per venti minuti, poi passiamo tutto al setaccio a mano.   Disponiamo le fette di pane in una casseruola, l’ideale sarebbe quella di coccio, uniamo la salsa di pomodoro e abbondante brodo vegetale.  Cuociamo coperto a fuoco basso per un’ora mescolando di tanto in tanto con una frusta, fino a che il pane non si sarà ammollato e il brodo non sarà evaporato.   Profumiamo la pappa con le foglie di basilico spezzettato e un po’ di peperoncino in polvere.  Mescoliamo regoliamo di sale e serviamo la pappa tiepida. E’ molto buona anche fredda.

Una felice giornata a tutti!

 

 

La torta della Domenica: ciambella leggerissima (ma non volerà)

ciambellone all'olio

Si sa per certo che quando il paese è piccolo la gente mormora. Ma quella volta nessuno parlò perché nessuno può parlare con la bocca aperta soprattutto se spalancata, e per lo stupore. Accadde infatti qualcosa di molto strano nella forneria.

La signora Adalgisa in quella notte di Giugno  sfornava tranquilla le sue ciambelle. Le avrebbe portate al mattino alla scuola per la festa di fine d’anno. Fuori un bel silenzio ovattato accompagnava il suo lavoro attento. Solo, da lontano, si sentiva il solito vociare dei soliti che alzavano il gomito. A volte gli stessi si mettevano fuori dalla forneria ad aspettare le prime sfornate di panini dolci e brioche calde. Ma, quella volta nessuno aspettava.
Mise le ciambelle sul bel piano di lavoro pulito che tante ne aveva viste fare in tutti quegli anni; si tolse il grembiule, la cuffietta e uscì quatta quatta, quasi non volesse disturbare quelle dieci meraviglie che tronfie parevano volerla ringraziare. Respirò forte l’aria della notte e si avviò verso casa, stanca ma soddisfatta.
Era l’ora del giornale quando la forneria riaprì ed assieme al quotidiano il giornalaio portò fresca la notizia che Adalgisa era sconvolta: le sue ciambelle erano sparite. Spa-ri-te! L’aveva lasciata seduta con la testa tra le mani che andava ripetendo: “Mi hanno rubato le ciambelle, mi hanno rubato le ciambelle!”.
Arrivarono il vigile, di seguito il prete assieme al sacrestano, il farmacista, il barista e il bidello della scuola dove avrebbero dovuto mangiare le ciambelle sfacciatamente sottratte. E, arrivato uno e, arrivato l’altro, arrivò pure il sindaco che, lasciata la sede del consiglio, fu mandato di corsa a sincerarsi dell’accaduto.Fuori dalla forneria s’era ormai formato un corteo, un drappello che da lì partiva e arrivava fin quasi sul sagrato, come fosse una processione al contrario. E in mezzo a tanta calca il sindaco fece una fatica biblica ad aprirsi un varco. Finalmente riuscì ad entrare, ma Adalgisa nemmeno lo vide tanto era china nella sua mortificazione. Fu lui che invece, e non si sa se per il limite di quella situazione o perché volesse chiedere: se esisti, Dio, fa che si ritrovino le ciambelle che qui sto per morire di caldo, alzò gli occhi al cielo. E così come gli si erano alzati gli occhi gli caddero le braccia: le ciambelle erano incollate al soffitto, in procinto di volarsene via, come palloncini della fiera  di San Saverio sfuggiti al mazzo.

“Tiratele giù” urlò perentorio, dopo tutto era il sindaco, “roba da matti…”.

E aveva ragione. Possibile che nessuno si fosse accorto delle ciambelle sul soffitto? Tuttavia è bene quello che ben finisce e tutti tornarono alle loro cose. Le ciambelle furono messe in scatole e portate a scuola dove anche lì ben presto si volatilizzarono nelle piccole bocche affamate.
Tornò in consiglio il sindaco dove, nell’attesa, s’era fatto fitto fitto il chiacchiericcio degno ormai di una scolaresca abbandonata. E andava dicendo che era roba da matti, che eran volate le ciambelle. Poi, visto che i problemi comunali erano molti e valevano ben più di una ciambella, il parlottare s’andò così spegnendo e la riunione ricominciò seria.
Adalgisa non si scompose più di tanto, decisa comunque a cambiare la ricetta. Ogni tanto le viene da pensare ai dolci svolazzanti e rida tra sé, con un piccolo unico rammarico: le sarebbe piaciuto essere una di quelle ciambelle per provare a volare anche lei.

Ciambella leggerissima (ma non volerà) 

280 g di farina, 30 g di fecola, 1 bustina di lievito, 2 pizzichi di sale, 3 uova, 100 g di olio di semi di arachidi, 150 g di latte, semi di una bacca di vaniglia, 140 g di zucchero, zucchero in granella per decorare

Setacciate le farine con il lievito e il sale, montate le uova con lo zucchero e aromatizzate con la vaniglia. Senza smettere di montare aggiungere a filo l’olio e il latte. Incorporate le farine setacciate e versate l’impasto nella stampo da ciambella livellandolo. Distribuite sulla superficie lo zucchero in granella e infornate a 175 ° per 35 minuti. Testate la cottura inserendo uno stecchino nella parte più alta del dolce. Se non ne esce asciutto proseguite la cottura per altri 10 minuti. Sfornate la ciambella e dopo circa 20 minuti sformatela e lasciatela raffreddare su una gratella.

Felice giornata a tutti!